Nonostante gli accordi internazionali, le donne italiane continuano ad affrontare sfide legate al diritto fondamentale al lavoro: la questione diventa ancora più complessa per le donne immigrate. Nei settori dell’assistenza e della sanità del Nord Italia, le donne di origine Est europea sperimentano una connessione tra genere, background migratorio e diritti di lavoratrici. Come è impattato il loro diritto al lavoro? Ricerche precedenti e interviste a protagonisti del settore possono aiutarci a rispondere a questa domanda.
Che si tratti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani o della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, l’Italia è volontariamente e legalmente coinvolta in vari accordi internazionali stabiliti per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Nonostante questo, le donne devono ancora affrontare problemi che, sulla carta, non dovrebbero nemmeno esistere. L’Italia ha una lunga storia di immigrazione e di discriminazione lavorativa legata al genere che, insieme, intensificano le avversità per le donne immigrate come gruppo di minoranza.
Le origini possono giocare un ruolo fondamentale nella condizione lavorativa delle donne, soprattutto osservando la situazione lavorativa delle donne immigrate dell’Europa dell’Est nel Nord Italia, in particolare nei settori dell’assistenza e della sanità. In che modo le loro origini influiscono sulla loro capacità di esercitare il diritto al lavoro?
“The Italian Job”
Nel mercato del lavoro italiano, le figure coinvolte sono talvolta considerate entità separate, mentre in realtà si influenzano a vicenda. L’UE, il governo italiano e le ONG svolgono un ruolo significativo nello sviluppo della situazione; coloro che vivono e lavorano in Italia, sia cittadini che immigrati, sono i protagonisti. La maggior parte della popolazione immigrata registrata in Italia proviene dai Paesi dell’Europa orientale. Naturalmente, non si può ignorare la crisi occupazionale in Italia: trovare un lavoro con condizioni sostenibili è una sfida non limitata alle donne immigrate; tuttavia, le donne immigrate possono essere categorizzate come particolarmente a rischio.
Secondo lo Spiral Model, il cambiamento sociale può derivare dalla pressione esercitata sia da fonti internazionali che da iniziative nazionali; è graduale, creato passo dopo passo dall’alto e dal basso con gli strumenti e la pressione giusta. Seguendo questa logica, le forze internazionali e interne dovrebbero spingere l’Italia a trovare una soluzione sostenibile; tuttavia, nel 2023, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha espresso la propria preoccupazione in un rapporto. L’Italia tende a interpretare le politiche per l’uguaglianza di genere come soluzioni legate alla famiglia e alla maternità, mentre manca un piano dettagliato per la loro attuazione. Come conseguenza, l’Italia non riesce a soddisfare le aspettative, trascurando sia le raccomandazioni dell’UE sia le esigenze delle donne.
Osservando le condizioni lavorative delle donne immigrate dell’Europa dell’Est nel Nord Italia, appare chiaro che le loro origini hanno un impatto significativo sul loro diritto al lavoro. A parità di caratteristiche socio-demografiche, le donne immigrate sono svantaggiate rispetto alle donne autoctone nella ricerca di posizioni lavorative stabili e qualificate. Ulteriori ricerche descrivono come le donne immigrate siano praticamente “segregate” nel loro ambiente di lavoro. Di conseguenza, trovare un altro lavoro senza una forte rete di contatti è estremamente difficile e l’avanzamento nella carriera domestica è scarso o nullo. Un altro studio suggerisce che il genere gioca un ruolo chiave nelle dinamiche del lavoro di cura, spesso affrontato come un’attività “di sentimenti” e quindi tipicamente considerato territorio femminile.
Dopo la teoria, la pratica
Quando si tratta di problemi concreti, l’esperienza diretta può essere inestimabile. Poiché il feedback diretto è una delle fonti di informazione più preziose, sono stati intervistati due professionisti di diversi settori che operano nel Nord Italia. Le domande miravano a scoprire le principali difficoltà incontrate dalle donne immigrate dai Paesi dell’Est nel tentativo di trovare un’occupazione, i servizi di assistenza specifici offerti dai loro impieghi e i modi per sostenerle. A volte è troppo facile dimenticare che, al di là dei dati e delle analisi, ci sono persone con esigenze pratiche; l’obiettivo era quello di saperne di più da coloro che cercano attivamente soluzioni nella loro vita quotidiana.
La prima organizzazione è stata la fondazione Soleterre, che ha creato il programma Work Is Progress: diverse iniziative sono state documentate sulle loro pagine Facebook e LinkedIn, mostrando i loro sforzi per promuovere l’inclusione di individui nativi e immigrati vulnerabili nel mercato del lavoro in Italia, Africa francofona e America centrale. La seconda organizzazione, MyColf, dal 2017 ha aiutato quasi mille persone ad acquisire le competenze necessarie per diventare assistenti familiari, con una recente attenzione ai rifugiati ucraini. Come si legge sulla loro pagina Facebook, sono stati sviluppati diversi corsi per supportare coloro che cercano di acquisire le certificazioni ufficiali per lavorare nel loro rispettivo settore.
Purtroppo, alcuni dei problemi incontrati sono piuttosto comuni. Innanzitutto, il semplice fatto di essere in Italia rappresenta una sfida: trovare un lavoro è difficile, soprattutto per coloro che, dopo aver studiato nei loro Paesi d’origine, cercano una posizione che corrisponda al loro livello di istruzione. Inoltre, l’iter burocratico per ottenere un permesso di soggiorno ufficiale è estenuante. Anche quando qualcuno riesce a ottenere tutta la documentazione necessaria, è comunque soggetto a stereotipi sulle sue origini e sul suo stile di vita.
Una volta trovato il lavoro, le difficoltà ricominciano ad accumularsi. Entrambe gli intervistati hanno sottolineato come la lingua tenda a essere la barriera principale: le organizzazioni citate offrono corsi di lingua e contatti con le scuole italiane poiché hanno confermato che parlare italiano è necessario per lavorare nel Paese. Inoltre, c’è la tendenza ad avere una mancanza di contratti regolari, lasciando le donne vulnerabili di fronte a abusi di potere e incidenti sul lavoro. Questo ha portato entrambe le organizzazioni a essere d’accordo sulla necessità di maggiore assistenza e orientamento.
Prenditene cura!
L’ultimo punto individuato da entrambi i professionisti, e forse il più importante, è la necessità di investire tempo e risorse per lavorare con tutti e sensibilizzare a proposito del ruolo cruciale che queste donne svolgono nella società italiana. Sono loro che si occupano di bambini, anziani e case. Se il background culturale di una persona si rivela troppo distante, accettarla come collega può essere difficile. In questo contesto, esercitare una pressione domestica per ottenere un cambiamento diventa più importante che mai, e, se è vero che si raccoglie ciò che si semina, prendersi cura degli altri creerà un mondo migliore per tutti.
[Articolo di Maria Ferrari pubblicato su Eurac Research]