Il costo di un lavoratore domestico è rimasto pressoché invariato all’anno precedente.
Chi ha assunto una colf oppure una/un badante per assistere un familiare non autosufficiente può stare tranquillo, economicamente parlando: quest’anno, la retribuzione minima e i contributi dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) per questa categoria di lavoratori non sono aumentati.
Vale a dire che permettersi un collaboratore domestico costa più o meno quanto l’anno scorso. Un aumento c’è stato, ma così piccolo da diventare irrilevante. Il discorso vale anche per le baby-sitter e, in generale, per tutto il personale assunto per l’aiuto in casa.
Le retribuzioni minime di colf, badanti e baby-sitter vengono aggiornate ogni anno, a seconda delle variazioni del costo della vita. Nel 2021, l’incremento salariale è stato irrisorio, pari a +1,38% per la categoria di livello più basso. Stesso discorso per chi assiste persone che non sono in grado di provvedere da sole ai bisogni più elementari.
È la Commissione nazionale per l’aggiornamento retributivo, presso il ministero del Lavoro, a fissare annualmente i nuovi valori; è costituita sia dalle associazioni dei datori di lavoro sia dai sindacati dei lavoratori del settore che hanno stipulato il contratto di categoria (l’ultimo risale a settembre). La Commissione si è riunita il 12 febbraio.
La retribuzione minima, come si diceva, non è la stessa per tutti (per approfondire l’aspetto dei minimi retributivi, leggi: Come assumere una badante italiana). Dipende dal tipo di impiego, dal tipo di impegno e anche dall’esperienza del lavoratore, accumulata negli anni: ci sono, per esempio, i collaboratori domestici che lavorano da poco (cosiddetto livello A) e che, in funzione delle competenze, avranno una retribuzione minore rispetto a una persona più qualificata, in grado di prendersi cura anche di persone non autosufficienti, per aver seguito un percorso di formazione professionale ad hoc (cosiddetto livello DS).
A fare la differenza, a livello di retribuzione, anche altri fattori. Uno è la convivenza – o non convivenza – col proprio assistito. C’è chi lavora part-time e chi lavora full time. Chi garantisce assistenza notturna e chi no. Dunque, lo stipendio varia a seconda dell’inquadramento, che è dato dalla somma dell’esperienza professionale e della lunga serie di variabili appena considerate.
Alla retribuzione minima di base, si devono, poi, aggiungere gli scatti di anzianità (per ogni biennio di lavoro svolto presso la stessa persona o famiglia), la quota per vitto e alloggio se l’assistente familiare vive nelle stessa abitazione di chi l’ha assunto (pari a 168,30 euro al mese) e gli eventuali aumenti di stipendio per merito, cioè i cosiddetti «superminimi».
Il fatto che, quest’anno, i conteggi dei contributi dell’Inps siano rimasti pressoché invariati rispetto all’anno scorso, è motivato dal mancato incremento del tasso di inflazione (- 0,3%), che non ha apportato sostanziali variazioni alla retribuzione (è in base a questa che vengono calcolati i contributi), dunque nessun incremento del contributo orario da versare al lavoratore domestico.